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tamente obbediva a �iovanna, al-                      pria sensibilità per il dolore altrui,
       lora rettrice del primo reclusorio e                  esercitandosi nella  compassione,
       del monastero, ed eseguiva i lavori                   che è propria di Dio, quando si
       che le venivano assegnati senza                       commuove per le sorti del suo po-
       mormorazione; quando vedeva o                         polo, o di Cristo, alla vista di un’u-
       sapeva che si doveva fare qualcosa                    manità sbandata, priva di guida e
       di necessario, Chiara non aspetta-                    peccatrice.
       va gli ordini, ma interveniva con
       slancio e senza essere stimolata da                   Infine, la povertà del cuore per
       un comando. Nell’obbedienza si                        Chiara è configurazione al Cristo
       impara ad affidare la propria vita                    povero e sofferente. La santa era
       nelle mani di qualcun’altro, a cir-                   solita nelle malattie ringraziare
       coscrivere il proprio “io”, per fare                  Dio con queste o simili parole: «O
       spazio all’altro. Chiara si esercita                  quanto grande fu il dolore che il
       anche in una simile circostanza: vive la pover-  mio Signore �esù Cristo sopportò per me! Io
       tà nello spirito come obbedienza alle sue sorelle   meriterei, se potessi resistere a malattie e dolori
       e si forma all’umiltà, all’ascolto, al servizio in-  più forti, di averli tutti». Alle monache, che la
       teso non come atto di sottomissione, ma come   esortavano a pregare Dio per esser liberata dalla
       reciproco scambio nell’amore. Tanto grande era   sofferenza, Chiara rispondeva: «Io non preghe-«Io non preghe-Io non preghe-
       l’umiltà di cui Chiara disponeva, da non voler   rei mai Dio di allontanare da me il mio male,
       essere chiamata badessa dalle altre consorelle,   piuttosto lo prego di aumentare in me dolori e
       ma solo con il suo proprio nome.          malattie e, se piacesse a Dio che per tutto il tem-
                                                 po della mia vita rimanessi così malata, piace-
       Nella vita di comunità si richiede di portare i   rebbe anche a me e lo sopporterei volentieri».
       pesi gli uni degli altri, per cui si è formati alla
       povertà come atto di solidarietà. Un teste del   Essere poveri nello spirito è beatitudine e santi-
       Processo ricorda che quando a delle suore veni-  tà. Ed il primo testimone di questa condizione è
       va imposta qualche penitenza, Chiara si faceva   il Figlio di Dio, che nella incarnazione, da ricco
                                 compagna della   che era, si fece povero per arricchire tutti noi:
                                 sorella nell’ese-
                                 guire quanto le   «Colui che ti ha dato ogni cosa, che ti ha fat-Colui che ti ha dato ogni cosa, che ti ha fat-
                                 era stato impo-   to esistere, che anche ai malvagi che ti cir-
                                 sto, con umiltà   condano dona il sole, dona la pioggia, dona
                                 e devozione, af-  i frutti, le sorgenti, la vita, la salute e tanto
                                 finché la punita   grandi consolazioni, riserba per te qualcosa
                                 non   provasse    che non darà ad altri se non a te. E che cosa
                                 tedio per la pe-  ti riserba se non se stesso� Chiedi un’altra
                                 nitenza, ma la    cosa, se hai trovato di meglio: Dio ti riserba
                                 eseguisse  più    se stesso» (Comm. al salmo 32, II, 2.16).
                                 volentieri. Chia-
                                 ra affina la pro-                    P. Pasquale Cormio, osa

                                                                                      71
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