1268 -1308 

La vita dell’anima è l’amore di Dio.
Dall’amore l’anima viene unita a Dio e diventa una cosa sola con lui,
e tanta è l’amicizia di Dio all’anima e dell’anima a Dio
che ciò che vuole Dio lo vuole anche l’anima,
e ciò che vuole una tale anima lo vuole Dio stesso.
S. Chiara da Montefalco

     

Chiara nasce a Montefalco nel 1268.
All’età di sei anni, lascia la casa paterna per seguire Gesù e amarlo con tutto il cuore nel servizio alla Chiesa attraverso la preghiera e la contem­plazione nel reclusorio della sorella Giovanna, costruito dal padre Damiano, attratta dalla vita che qui vi si conduceva.
Chiara è una ragazza bella, vivace, intelligente, attenta ai bisogni degli altri, generosa, pronta al lavoro e sempre obbediente.
Nel 1280 poiché l’esempio di Giovanna e Chia­ra attira molte altre giovani alla vita consacrata, il padre costruisce per la comunità un reclusorio più grande, dove si trova l’attuale Monastero.
Nel 1290 la comunità chiede e ottiene di adottare la Regola di S. Agostino, che diventa la guida spirituale nel cammino dell’interiorità, della preghiera comune, del lavoro, della correzione fraterna e, in tutto e soprattutto, della carità fraterna del­le Sorelle.
Solo un anno dopo muore la sorella Giovanna e viene eletta Superiora Chiara, che diventa per le sorelle madre e guida spirituale, servendole con gioia ed entusiasmo.
Dal 1288 al 1299 Chiara vive una dura prova di aridità spirituale e lotta interiore, dopo essersi compiaciuta per il dono continuo di vedere il Signore, il cielo si chiude per ben undici anni, sperimentando nel suo animo, la durezza dei vizi e la bellezza delle virtù. Una conoscenza esperienziale, non acquisita nello studio, ma dalla vita.
Gesù nella sua passione la invita poi a condividere la sua Passione d’amore. Attraverso la sofferta esperienza, la passione di Chiara diviene compas­sione. Lei si percepisce senza Dio, capace di tutti gli errori, preda di tutte le debolezze, vuota, arida, ma impara a conoscere il cuore degli uomini e ad essere solidale con loro.
Durante questa crisi, all’inizio del 1294, Cristo sofferente e pellegrino le appare portando una grande croce e le dice: «Ho cercato un luogo forte per piantare questa croce: qui e non altrove l’ho trovato».

In seguito a questa esperienza ripeterà più vol­te, verso la fine della vita:
“io ho Gesù Cristo mio crocifisso dentro il mio cuore”.
Essa supera la prova col dono e l’esperienza dell’umiltà, rimanendo fedele e donandosi tutta per le sorelle e per quanti bussano alle porte del Monastero, preparandosi così nella con­templazione ad un’intensa vita apostolica.
Perdona sempre e tutto a chi la calunnia per in­teresse o per invidia, ricambiando il male con il bene e adoperandosi, sia con la preghiera che con interventi diretti, per la pace spesso violata sia in Umbria che in Toscana.
Illuminata e istruita dallo Spirito Santo, benché illetterata, vive forti e decisive espe­rienze spirituali, bibliche e teologiche. È ricercata da moltis­sime persone di ogni estrazione sociale e cultu­rale: teologi, sacerdoti, santi e peccatori. Basta dare un’occhiata al processo di canonizzazione.
Solo Chiara intuisce l’errore del francescano Fra Ben­tivenga da Gubbio, capo dello «Spirito di libertà», un movimento pseudoreligioso in cui convivono cultura, mistica e lussuria, che attira folle di con­tadini e artigiani, monache e frati. Essa lo sma­schera e lo denuncia all’autorità ecclesiastica.
“La gloria di Dio è l’uomo vivente, ma la vita vera dell’uomo, è vedere Dio”, dice S. Ireneo, uno dei primi Padri della Chiesa. La vita di Chiara è stata proprio questo sguardo su Dio, senza dimenticare i fratelli e le sorelle, che l’ha fat­ta camminare e crescere in umanità e santità in compagnia degli uomini del suo tempo e di tutti i tempi.
Chiara, presa dalla totalità dell’amore, si è data a tutti senza misura e si è messa in cammino per pre­parare i cuori ad accogliere il Signore.
Il 17 agosto 1308 muore lietamente cantan­do:
«Belgliè, belgliè, belgliè vita eterna! Non mi si afà Signore, sì gran pagamento!».
Le monache, decidono di conservare il suo cor­po e il giorno dopo, ricordando il ritornello di Chiara: «Io ajo Jesu Cristo mio crucifisso entro lo core mio», aprono il cuore e vi scoprono re­almente i «segni» della Passione di Gesù, che ancora oggi, insieme al suo corpo incorrotto, si venerano nel Santuario a lei dedicato.
L’amore di Chiara, sigillato dalla Croce impres­sa nel cuore, è reso vero dal dono e dall’offerta di sé, nella semplicità del quotidiano.
La croce nel cuore non è una decorazione: essa è il sigillo dell’unione di Chiara con la passio­ne d’amore di Gesù, il quale ha dato tutto per tutti sino alla fine.
L’incontro salvifico del­la Croce con il corpo di Chiara, evidenzia la luce e l’Amore di Dio Padre, che tan­to ama il mondo da chiedere ad una sua creatura di vivere l’av­ventura d’amore più affascinante, insieme al Suo Figlio prediletto.

 

 

 

UNA VITA REALIZZATA

Vita di sorgente

Tutto comincia con un’immersione, un tuffo nel mare dell’amore di Dio che inzuppa la vita come una spugna. Tutto comincia dal battesimo, vita di sorgente: un’esistenza confiscata dall’Assoluto!

Un giorno Chiara, riflettendo nella cella sui suoi difetti e sull’ingratitudine e vedendosi vile e molto cattiva, con l’amarezza del dolore andò all’oratorio per partecipare alla celebrazione eucaristica. Mentre veniva celebrata la Messa, Chiara, spiritualmente elevata, vide Dio in se stessa e se stessa in Dio come in uno specchio e si vedeva unita a Dio con un’unione indicibile.

Tuttavia, benché si vedesse totalmente immersa in Dio e inoltre vedesse perfettamente Dio in se stessa, si vedeva quasi un nulla rispetto all’Infinità divina. Anzi, per usare una similitudine, si vedeva come una catinella in mezzo al mare, immersa nell’acqua e in essa sostenuta[1].

La vita di S.Chiara è una vita sprecata[2]: nata dall’amore, a servizio dell’amore! Dentro il caldo mondo della vicinanza di Dio, vediamo una donna felice che ha ‘sprecato’ nel dolce fuoco della dilezione per il Suo Signore i suoi giorni. Una vita di fuoco perché, come dice S.Giovanni: ha conosciuto e creduto all’amore che Dio ha per lei. Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui[3].

Questa la vita della bellissima Chiara da Montefalco!

Vita di relazione

La piccola Chiara fin da bambina è tutta compresa dentro la viva relazione con Gesù e intenta nella contemplazione dei misteri del Signore. A sei anni, questa vibrante passione d’amore, la porta da piccola innamorata ad entrare nel reclusorio della sorella Giovanna.

Attratta da Dio fin dalla fanciullezza, ai desideri celesti, già a quattro anni si ritirava in qualche luogo della casa paterna… Forse perché nella casa paterna non aveva sempre la possibilità di stare lungamente da sola, andava o si faceva portare in un luogo vicino, detto “castellare”, dov’era la chiesa dedicata a S.Giovanni e lì, molte volte dimentica anche dei genitori, sentiva consolazioni e ardentissimi desideri, benché allora, per la tenera età, non sapesse che erano esperienze spirituali. Inoltre già nella sua infanzia frequentava il ‘carcere’ o ‘reclusorio’ di sua sorella Giovanna di santa memoria e di altre recluse, e ivi sentiva dolcezze e desideri spirituali come allora poteva. Aderendo fortemente a quelle religiose e desiderando lo stato religioso, con molta diligenza ascoltava i loro consigli e li metteva in pratica[4].

Questo nido familiare così ‘caldo’ è intessuto da un intenso silenzio, permeato da grande umanità e ascolto del disegno d’amore di Dio. Basti pensare all’attenzione che il padre mette nell’aiutare le figlie a realizzare la loro vocazione, costruendo loro il romitorio e finanziando in seguito il monastero di S.Croce. La morte non gli permetterà di completare la sua opera di misericordia, ma intanto concede la benedizione alle sue creature tanto amate. Una premura che riflette lo stile di vita di un’altra famiglia, quella di Nazareth, laddove Maria e Giuseppe vivono tutti raccolti e protesi nella vita del Figlio, affinché in Lui si compia il disegno d’amore del Padre.

A sei anni Chiara entrò con grande entusiasmo nel reclusorio della sorella Giovanna[5].

L’entusiasmo: una forza che porta fuori e fa si che il sogno di Dio e della sua creatura si sposino con la vita quotidiana. La vocazione è indubbiamente tutta cosa di Dio, ma ha bisogno di un terreno fecondo di bene per crescere e della totale adesione di chi, lasciandosi raggiungere da uno sguardo d’amore, segue. Indubbiamente la famiglia di Chiara è un esempio di santità collettiva. Il padre collaboratore instancabile nella realizzazione dei desideri delle figlie; il fratello Francesco segue i passi di S.Francesco. Una famiglia, tre consacrati. I giochi sono fatti! Una fede vissuta in un nido familiare che diventa indubbiamente risposta più che generosa.

Chiara nella sua storia d’amore, fin da piccolissima, vive l’intensità di un dialogo molto vivace con l’amore stesso: Gesù.

Durante la sua fanciullezza a Chiara, mentre pregava, molte volte appariva la Beata Vergine col bambino Gesù sotto il mantello, nell’aspetto della stessa età di Chiara. Il bambino Gesù, esortato dalla madre, si avvicinava a Chiara, la prendeva per la mano e le infondeva mirabili consolazioni. Chiara, che lo vedeva con i suoi occhi, voleva prenderlo e giocare con lui, ma il Bambino scappava ritornando dalla mamma e lasciava Chiara in un grande desiderio[6].

È bello vedere come Gesù si adatta alla crescita di Chiara per alimentarne la relazione. Il suo rapporto inizia dal desiderio di giocare insieme al Bambino, poi man mano che Chiara cresce viene introdotta nella Sua compassione, nei Suoi interessi, nel Suo cuore, in un dialogo di intimità e di condivisione matura dell’esperienza dello Sposo.

La vita dell’anima è l’amore di Dio. Dall’amore l’anima viene unita a Dio e diventa una cosa sola con lui, e tanta è l’amicizia di Dio all’anima e dell’anima a Dio che ciò che vuole Dio lo vuole anche l’anima, e ciò che vuole una tale anima lo vuole Dio stesso[7]!

Per Chiara è tutta questione d’amore, l’anima partecipa della vita dell’Altro: Sono stata crocifissa con Cristo e non vivo più io, ma Cristo vive in me[8]. La concrocifissione richiama la partecipazione al mistero pasquale di morte e risurrezione al quale la persona è attivamente inserita attraverso il battesimo. Immersione nell’amore di Colui che ha dato la sua vita per amore fino alla croce e trasformazione in questo incendio di Bene. Vita insieme! Dice infatti il Cantico dei Cantici sono malata d’amore[9], e commenta S. Agostino: La sposa dice di essere ferita d’amore, cioè dice di amare, di anelare, di sospirare lo Sposo dal quale ha ricevuto la freccia della parola[10]. Quanto accade a Chiara è nella logica dell’amore, perché stupirsi se a un certo punto persone degne di fede che conobbero profondamente Chiara ritengono che essa, in diversi tempi, vide Cristo? Così il suo primo biografo descrive una di queste apparizioni:

Giovane bellissimo, il Signore Gesù, vestito di vesti bianche, portando sulla spalla una croce uguale per forma e grandezza alla croce su cui fu crocifisso, apparve a Chiara in preghiera. E le disse: “Io cerco un luogo forte, nel quale possa piantare la croce, e qui trovo il luogo adatto per piantarla’ e quindi aggiunse ‘se vuoi essere mia figlia è necessario che tu muoia in croce”. Dopo questa visione e rivelazione, Chiara diceva di credere che il Signore avrebbe fatto ancora grandi cose nel monastero[11].

Ecco il cuore forte fatto da Dio e a Lui orientato.

Chiara riconosce la bellezza dell’amore e si lascia rubare la vita. In lei accade nella fede, un’unione inscindibile: ciò che fa Cristo lo fa in qualche modo anche Chiara e ciò che fa Chiara lo compie in un certo senso anche Cristo. Perciò se Cristo è stato crocifisso, anche Chiara è stata crocifissa con Lui. Cristo è risorto, anche Chiara risorge e vive con Lui. Da qui la sua gioia e serenità inalterabili.

Non è da meravigliarsi se l’anima per l’amore che ha a Dio è disposta mille volte a morire prima che voglia venire separata da Dio. Anzi la morte stessa, il dolore e ogni tribolazione le sono dolcissimi![12]

Il ritratto di Chiara è quello di una donna bella e vivace, capace di grande raccoglimento, molto sensibile e attenta ai bisogni delle sorelle, specialmente delle ammalate. In lei eccelle la virtù dell’obbedienza, la sottomissione alla sorella Giovanna, eletta rettrice delle romite del piccolo reclusorio.

L’unione di S.Chiara della Croce con Cristo nasce in un ambiente, così ricco di Dio e di relazioni umane piene di dignità, ma anche in un contesto di austerità.

Se avveniva che, per un’infermità di Giovanna, fossero presenti di notte la loro mamma e il fratellino, Chiara non voleva discorrere con loro[13].

Questo per non venir meno alla disciplina del grande silenzio che nei monasteri si osserva da compieta fino all’ora Terza. Dalle fonti si deduce che il ruolo della sorella Giovanna fu veramente importante per la vita di Chiara: le fa da maestra spirituale.

Nel reclusorio tanta è la gioia di Chiara che scatta il processo tipico dei piccoli del Regno: l’imitazione. Seguiva diligentemente i costumi e le azioni di Giovanna nel mantenere il silenzio, nella custodia dei sensi, nell’assiduità della preghiera e nelle altre buone opere… Obbediva totalmente alla sorella Giovanna e osservava come fossero di Dio i suoi consigli e i suoi ordini[14].

Insieme fanno esperienza di una vita di preghiera molto intensa, insieme accolgono lo Spirito che dà forma alla vita monastica pensata per loro.

Giovanna… il più delle volte assegnava a Chiara un luogo per la preghiera vicino a sé[15].

Lo stare ‘vicini’ è un dato caratteristico della chiamata. Gesù chiama i suoi per stare con Lui. La relazione d’intimità precede la missione e permette quel travaso dei cuori che è la vera ricchezza della vita di Dio. Quando Giovanna si allontana, Chiara così radicata nell’esperienza della prossimità, rimane e persevera nell’orazione. La sorella, in fatto di estasi non scherzava, spesso e volentieri si scordava della sorellina. Non da meno Chiara! Anche lei rimaneva fissa in Dio, attenta alle ore canoniche della preghiera monastica, persevera nell’attesa della sorella.

Vita di penitenza

In quanto ad obbedienza e penitenza Chiara era molto severa con se stessa. Giovanna modera con la sapienza di stampo agostiniano, l’eccessivo zelo della sorella.

Una volta, essendo ancora fanciulla e astenendosi sempre dalle carni, da Giovanna le fu imposto di mangiare un pezzetto di carne che le aveva dato, ma Chiara per l’amore dell’astinenza lo buttò via: quando poi rifletté di aver disobbedito al comando, pianse amaramente[16].

La risposta penitenziale nei santi è sempre molto elevata, forse perché è tipico dell’amante essere attratto dal ‘di più’ della conformazione al Cristo. Anche se fanciulla, Chiara comunque s’avvede subito dell’inganno al quale è soggetta e, amante della verità, aborriva tanto la menzogna[17], entra in uno stato di compunzione. Nonostante si dica che accoglieva con riverente umiltà il comando della rettrice riguardo ai servizi[18], la santa è molto combattuta fra l’amore che sembra chiederle il meglio e l’obbedienza ad una regola di vita incarnata nella sapienza di Giovanna. La rettrice del romitorio, si meraviglia dello stile austero che Chiara mette in atto per dominare il suo corpo e nota che indebolita da tanta penitenza persevera comunque nella disciplina monastica con grande zelo e cerca maternamente di correggerla chiedendole di moderare i suoi eccessi penitenziali. L’intelligenza d’amore di Chiara, a questo punto, diventa creativa!

Chiara, afflitta perché queste cose erano risapute da Giovanna e dalle compagne, mutava frequentemente i mezzi coi quali disciplinava il corpo e, scegliendo i momenti più adatti, prendeva di nascosto il mantello di una delle compagne col quale coprirsi così che se Giovanna fosse andata da lei, a causa della diversità dei tempi, dei rumori delle percosse e del mantello non potesse riconoscerla[19].

La penitenza per Chiara è un gioco d’amore!

L’autorevolezza di Giovanna è indiscussa, ma certamente non facile. In altri casi è lei stessa che sembra irrigidirsi con Chiara per mancanze di poco conto: una dimenticanza del mantello con la conseguente troppo severa decisione di non permettere alla santa di accostarsi all’eucaristia; la severa proibizione di non farla continuare nella questua perché andava in estasi e forse anche perché era troppo bella, servizio che Chiara amava e che le dava la possibilità di esercitare l’umiltà. Giovanna rimane poi in silenzio, quando attratta dal rumore per la lotta che la sorella sostiene con il diavolo la vede duramente provata, sembra rincarare la dose affidandole continue preghiere di intercessione.

La relazione fra le due sorelle è molto profonda e supera la naturalità della relazione fraterna, si fa indissolubile legame di consanguineità nel sangue di Gesù.

Vita agostiniana

Nel 1290, in obbedienza alle direttive della Chiesa, la comunità deve scegliere una Regola. Chiese e ottenne dal vescovo di Spoleto, Gerardo, la Regola di S.Agostino, da allora ad oggi divenne la normativa per la vita quotidiana della comunità. Ad essa viene conformata la preghiera comune, il lavoro, la correzione fraterna, la povertà, la castità, l’obbedienza, l’interiorità e, al di sopra di tutto il vincolo della perfezione, la carità fraterna delle sorelle.

Alla fine del 1291 alla morte di Giovanna, Chiara le succede nel servizio di priorato della comunità nel nuovo Monastero di S.Croce di Montefalco. Marina, una monaca del Monastero di S.Croce, dice che vide con i suoi occhi quando Chiara rifiutava e voleva rinunciare all’incarico e diceva che era impari a quel compito… Dietro l’insistenza delle monache accettò l’incarico di badessa[20].

Fu da subito e per sempre madre e maestra delle sorelle, occupandosi con ogni diligenza, dedizione, dolcezza e fermezza delle loro necessità.

Durante una lunga crisi di almeno 11 anni, nel 1294, le appare Cristo che porta la croce, pellegrino stanco e sofferente e le confida: “Io cerco un luogo forte, nel quale possa piantare la croce, e qui trovo il luogo adatto per piantarla” e quindi aggiunse: “Se vuoi essere mia ‘sposa’ è necessario che tu muoia in croce”[21].

Ancora oggi, un luogo fisico, un piccolo giardino[22], racconta l’incontro di Chiara con il Pellegrino. Nel giardino, la tradizione narra, che Chiara vi piantò il bastone ricevuto in dono dal viandante e ne fiorì un albero di rara specie che si trova nell’Himalaya. Le monache con gli acini ne fanno i rosari per i pellegrini assetati di infinito.

Il Berengario descrive con grande dolcezza il passaggio del dolore per la morte di Giovanna. L’anima della santa riceve una visita prima della morte della sorella di uno splendido giovane, che portava sulla testa una corona di fiori, che egli pose su quella di Chiara in segno di sposalizio[23]. Lo sposo le chiede tutto, anche gli affetti più cari e santi. Lui arriva comunque sempre prima anche nel consolarla.

Passata Giovanna per volontà del Signore all’altra vita, Chiara, afflitta secondo la natura umana, rifletteva però più intensamente sullo stato della sorella defunta. Il terzo giorno verso l’ora del mattino, permanendo in riflessione, vide ferma sopra il suo capo una torcia grande come una grossa trave. Era accesa e rifulge con forte luminosità, perché molto grande era la sua fiamma. Fatta certa, da ciò, della salvezza della sorella, sentì tanta letizia e conformò talmente la sua volontà a quella del Signore che se avesse potuto richiamare la sorella alla vita terrena giammai l’avrebbe fatto. Nella stessa visione infatti le fu donata una luce intellettuale per la quale conosceva i buoni e i cattivi e ciascuno nella sua condizione di malizia e di virtù. Frattanto anche Giovanna apparve a Chiara, la quale la interrogò dicendo: “Giovanna, non sei tu morta?”. E Giovanna: “Non fu morte la mia, ma passaggio alla vita”. Dopo alcuni giorni, Chiara fu eletta abbadessa[24].

La squisita delicatezza del Vicario della diocesi di Spoleto nel tratteggiare il dolore dell’umanità di Chiara per la morte della sorella, fa intuire quanto le due sorelle fossero unite nell’unico amore.

L’humus familiare imprime nei loro cuori fin dalla prima infanzia quella sanità della vita d’amore che le caratterizza per tutta la vita: tutte di Dio, tutte degli uomini. Un affetto, il loro, di grande stima, di intenso sentire che le porta insieme ad adorare, accogliere e offrire il sempre più grande amore che viene loro incontro. Il maestro interiore, passo dopo passo, prepara Chiara ad una dilatazione del cuore. Così la sua natura di indole eremitica diviene spazio accogliente per tanta gente che la cerca. L’introduzione in questa grazia sembra essere l’alto prezzo della prematura morte della sorella. Interessante notare come ad un anno dalla morte di Giovanna, quasi ad addolcirne il distacco del santo transito, mentre Chiara, nel chiostro del monastero, esortava le monache alle opere di perfezione, una colonna rossa come fuoco e splendente, alta quanto un uomo, senza averne però i contorni, si fermò davanti a Chiara. Al colore rosso erano mescolati altri colori che decoravano la colonna. Dopo essere stata al quanto elevata davanti a Chiara, disparve, infondendo nelle monache presenti un’unzione spirituale. Le monache che erano nel chiostro videro la forma davanti a Chiara, mentre quelle che erano nella casa soltanto il bagliore[25].

L’olio della consolazione discende sul monastero di S.Croce affinché la comunità tutta stretta alla nuova giovane badessa continui a proclamare le meraviglie di Dio.

L’esperienza ecclesiale di Chiara è santamente frenetica e di prima linea, basti pensare al titolo di defensor fidei che le viene attribuito e la capacità di comprendere le cose e le parole trasmesse[26]. La sua fermezza in campo dottrinale è chiara come lo è il nome che porta: consiglia cardinali e vescovi, smantella i grovigli del pensiero del teologo Bentivenga, minacciosa nube nera[27] per la chiesa umbra che lottava con i movimenti pauperistici banditori della libertà dello Spirito contro l’istituzione, invita il fratello Francesco, frate e teologo di fama, a gustare maggiormente quello che studia e ad inabissarsi nella profondità del mistero rivelato. Forse però la dilatazione dell’amore impresso nel cuore di Chiara va cercata ben oltre queste disquisizioni teologiche, nell’abbraccio di popolo che si stringe realmente attorno alla sua preghiera. La sua vita è una continua rivelazione dell’amore di Dio che vuole salvare ogni uomo, costi quel che costi in fatiche, preghiere, digiuni, colloqui alla grata. I miracoli attestano questo fiume ininterrotto di grazia che fluisce dal cuore di Chiara dentro e fuori le mura del monastero.

La vita del reclusorio sollecitava l’attenzione di molta gente.

Ripetutamente – Marina – vide delle persone venire nel romitorio, cercando Chiara di sera dopo la compieta e al mattino prima di terza, tempo nel quale essa osservava il silenzio. E la teste vide che non voleva rispondere loro se non dicendo: “Lodate Dio” parole per cui il silenzio non veniva rotto e tra loro si era d’accordo che il silenzio non venisse interrotto, secondo l’uso di quelle che vivevano nel reclusorio. Aggiunse, per spiegare le sue affermazioni, che di rado parlava alle persone, venissero pure parenti[28].

Una vita quella di Chiara, inverata dall’assoluta fedeltà alla Regola. Nella sua carità non vi sono atteggiamenti autoreferenziali, nella vita della comunità dà per prima l’esempio faceva umilmente tutti i lavori. Vedeva che quando le erano assegnati, non ribatteva, né mormorava, ma con molta premura e ossequio li eseguiva… Si offriva spontaneamente con la parola e aiutava di fatto le suore a fare i loro compiti e i loro lavori, per quanto riguardava la cella, la cucina e le inferme e quando era così debole o malata che non potea faticare, aiutava le suore con consigli e parole affettuose[29].

Una commovente solidarietà che porta il peso della penitenza insieme ad Andriola, una monaca un po’ vivace secondo la rettrice Giovanna!

La rettrice imponeva ad Andriola le penitenze per le sue mancanze e colpe e perché non brontolasse nel fare le penitenze, ma le eseguisse più volentieri, imponeva le penitenze anche a Chiara che non aveva colpe, insieme ad Andriola che aveva mancato. Chiara con molta umiltà, pazientemente si assoggettava alle suddette penitenze[30].

Una sofferenza condivisa che la introduce nel vero canto della vita ed è cantando che il 17 agosto del 1308, verso le 9, muore. Nella cappella di S.Croce il suo passaggio è ritratto con Chiara seduta e vigilante per cogliere il tocco che la introduce a pienezza, dopo aver assaporato in Monastero già tanta delizia.

Dite a Santa Maria che accolga la mia anima… Esultiamo tutte nel Signore e cantiamo “Te Deum laudamus”, perché il Signore mio Gesù Cristo vuole condurmi con sé. Tutto il paradiso, tutta la comunità celeste si prepara per accogliermi, e io vorrei invitare tutto il mondo a queste nozze… . Mi si lasci andare… dal Mio Signore[31].

Vita di Vangelo

Chiara della Croce è donna di grande spessore umano e spirituale. Non a caso i suo biografi parlano della bellissima Chiara da Montefalco. Bella perché donna profonda che ‘sa’ di Vangelo.

Ebbe nell’eloquenza della dottrina una mirabile capacità di attrarre alla comprensione dei suoi discorsi le menti, anche le più ottuse, degli ascoltatori e, per la forza dello spirito che parlava in lei, le accendeva, anche se fredde, col fuoco della dolcezza divina, così che quanti l’ascoltavano non si stancavano né mai erano sazi dei suoi discorsi. Da essa infatti sembrava scaturire un fuoco che infiammava gli animi degli ascoltatori e vi istillava dolcezze spirituali, per cui, dopo averla ascoltata, se ne andavano ripieni di ardenti desideri spirituali. Si sentivano certamente saziati perché il parlare di Chiara, come fosse un’acqua celeste, saziava mirabilmente gli animi, ma era sazietà che produceva una sete e una fame maggiori. Le sue parole, infatti, parevano parole di vita eterna, parole vive, parole penetranti, conformi alla Sacra Scrittura, attinte alla fonte dell’acqua viva che zampilla per la vita eterna. Nel fervore delle parole divine, accendeva gli altri e si accendeva essa stessa nel fervore dello spirito»[32].

Chiara è presentata come una monaca “tutta fiamme”. Una donna accesa dal fuoco dell’amore di Dio che attinge la forza della sua missione dalla contemplazione dei misteri di Gesù Cristo e quindi ‘sa’ di Parola di Dio! L’immersione nella vita che scaturisce dalla Parola di Dio è il vero lavoro della monaca.

Vita nella notte

La vita di S.Chiara è segnata da un’aridità spirituale molto profonda, quasi a doversi far carico come il suo Sposo, delle fragilità del mondo. Da questa alchimia ne uscirà la vera madre dell’umanità. Ogni prova, nella fede, è sempre per un di più di bellezza da donare al mondo.

Avvenne un giorno che, mentre Chiara nella cella parlava con una compagna e discorrevano insieme della passione di Cristo, Chiara riferì la predetta rivelazione e aggiunse: “Qualunque cosa si chiede con affetto, Dio la concede prontamente e io spesso ho fatto l’esperienza”. Credeva infatti che Dio facesse a tutti come a lei. La sua compagna disse: “So che io non sono tale che Dio adempia la mia volontà”. Chiara udendo ciò si reputò qualcosa, come essa stessa ripeteva con grande dolore qualche tempo dopo. E da quel momento ad essa furono sottratte in gran parte la grandezza delle rivelazioni e l’elevatezza delle frequenti visioni per undici anni, durante i quali non poté avere pace nella mente, ma aveva continuamente un durissimo conflitto di tribolazioni… Durante la tribolazione, una notte Chiara si vide posta come bersaglio di due che la volevano colpire con tiri di balestra: uno scagliava i vizi e l’altro le virtù. Spaventata in tale visione, Chiara voleva sfuggire il conflitto e voltava il viso per non vedere le frecce dei vizi. Comprese però che non poteva evitare il conflitto, perché se non avesse visto i vizi e sostenuto il conflitto degli arcieri non avrebbe potuto avere pienamente la luce né tornare a quella limpidezza che aveva avuto nel passato…. In questo conflitto ricevette tanta scienza e dottrina che avrebbe saputo rispondere perfettamente a chiunque l’avesse interrogata intorno ai vizi, alle virtù e alle altre proprietà e intorno a ogni altra cosa: infatti la predetta visione fu per Chiara una mirabile scuola, nella quale ricevette la più grande dottrina[33].

Chiarasi reputò qualcosa, ci dice Berengario di Donadio! Se l’esperienza del buio è pesante per ogni uomo, immaginiamo quanto lo sia stato per Chiara che viveva un’intimità davvero speciale con Cristo.

L’aridità di S. Chiara sembra una chiusura del cielo, un andarsene di Dio; per un attimo forse Chiara attribuisce a sé la gratuità dei doni che Dio Padre ha riversato nella sua vita. Si tratta forse di una severa punizione del Dio adirato che castiga l’uomo o una materna pedagogia del Padre che vuol trarre dai suoi figli un amore sempre più conforme al Suo amato Figlio? Per la Santa comincia la guerra del cuore che la porterà poi, nel contesto umbro pieno di conflitti, a diventare la grande pacera dei cuori in guerra.

Chiara fa esperienza della sua fragilità ma anche di una nuova conoscenza della vita di Dio in lei.

Che discorsi – dice alle sue monache che la lodano – fate tra voi? Quanto male mi conoscete! Questa è la coscienza che ho di me stessa: di essere la peggiore di tutte le creature. Io da parte mia avrei commesso tutti i misfatti e le dissolutezze se Egli non mi avesse difeso. Io sono molto ingrata verso il Signore per i suoi benefici[34].

Chiara della Croce, a questo tormentoso spogliamento, ha dato una risposta luminosa: ha sofferto con pazienza, fedeltà e fiducia, camminando senza conforto di persona alcuna, nelle tenebre facendosi pura carità per le sorelle. Io ho tanta fiducia e confidenza in Cristo Gesù, che con la sua grazia mi difenderei da ladri e banditi, che non potrebbero fare del male né a me né alle mie sorelle[35].

Vita sposata: Le nozze del cuore!

Il progresso spirituale tende all’unione sempre più intima con Cristo. Questa unione si chiama “mistica”, perché partecipa al mistero di Cristo mediante i sacramenti – “i santi misteri” – e, in lui, al mistero della Santissima Trinità. Dio ci chiama tutti a questa intima unione con lui, anche se soltanto ad alcuni sono concesse grazie speciali o segni straordinari di questa vita mistica, allo scopo di rendere manifesto il dono gratuito fatto a tutti[36].

Mistica, possiamo quindi dire, è questione di intimo contatto con il Mistero, per alcuni, come per S. Chiara della Croce, la comunione intima viene coronata con delle grazie speciali per attirare altri alla fonte dell’acqua cristallina e pura della vita di Dio.

Per S.Chiara questa vita divina, semplicemente, accade. La sua vita è stata pensata come luogo dell’incontro con Dio, come una storia che si fa pura risposta all’avvento sempre sorprendente dell’amore di Dio. Ogni rivelazione d’amore è sempre un’iniezione di vita trinitaria, una risposta del cielo ad una domanda della terra e suscita l’obbedienza.

Accogliere l’appello di Dio spalanca la porta della comunione con Lui che chiama a varcare i confini del già conosciuto, un’immersione nello spazio del Suo orizzonte infinito per abbracciare ogni uomo. Una creatura viene presa dall’amorevolezza di Dio per diventare terra benedetta alla quale tanti attingono luce.

Un anno, nelle tre settimane che precedono il Natale del Signore, Chiara rimase elevata quasi continuamente in una specie di rapimento, durante il quale vedeva quasi continuamente il Figlio di Dio incarnato. Verso la mezzanotte della Natività crebbe di molto la sua elevazione; e allora, insieme col nato Bambino, vide una via della larghezza di una grande casa, luminosa come il sole, procedere da Dio e discendere direttamente, senza alcun ostacolo, a lei stessa.

Al fulgore di tale luce, la vergine Chiara, alzatasi e sentendo un’unzione spirituale, eretta in piedi, si vedeva posta nel mezzo della luce solare e tra gli angeli e i santi che vedeva discendere da Dio Padre a lei e, da lei a Dio ascendere. Sentendo gli angeli e i santi cantare esultanti per il nato Bambino, cominciò a cantare dolcemente con loro. Per divina rivelazione capiva che tutti i santi rispondevano al suo canto e che la sua voce risuonava ovunque. Alcune monache che erano per il monastero udirono il canto di Chiara ma non poterono intendere ciò che diceva[37].

Cristo poco a poco si impossessa del cuore della Santa e genera vita, bene, gioia. Da questa intimità si prolunga la vita del Figlio nel mondo. Tramite la preghiera collabora all’opera di irrigazione della vita di Dio nell’universo, si unisce al dolce Cristo che riprende nelle mani la realtà.

Il cuore di Chiara è preso da Cristo e sigillato dalla Sua croce. Un’appartenenza che le cambia i connotati fisici, ma soprattutto le dona l’apertura universale del cuore dello sposo per mettere la sua vita a disposizione delle ‘cose’ del Figlio e prolungarne la Sua umanità nell’ambiente in cui vive.

Un’intimità allargata che racconta nel tempo i segni e i miracoli della potenza taumaturgica di Gesù.

Un uomo di Montefalco, Antonio del fu Biagio detto Romanone (il fatto è riferibile all’agosto 1308), soffriva in quel tempo di una gravissima malattia da quattordici e più anni… . Pochi giorni dopo il transito della vergine Chiara, avendo sentito che erano stati trovati nel cuore di essa la croce e altri segni della passione di Cristo e che venivano mostrati nel suo monastero – e per vederli erano affluiti il podestà, gli ufficiali e tutto il popolo di Montefalco – cominciò a disprezzare ogni cosa ritenendola senza alcun valore, e si avviò verso la macelleria a comprare della carne. Dopo un breve cammino, toccato nel cuore da Dio, si pentì di aver disprezzato la potenza di Dio e la santità della detta vergine, tornò indietro e andò al monastero per vedere con altra gente i segni predetti… . Nella notte seguente, mentre dormiva in casa sua, vide in sogno che nel monastero di S.Chiara, detto di S.Croce, scaturiva una fonte deliziosa e bellissima, alla cui bellezza e per berne l’acqua confluiva una folla innumerevole»[38].

Vita eucaristica

Il corpo della bellissima Chiara da Montefalco conservato nel suo Monastero di S.Croce in Montefalco, continua a parlare anche oggi! Vedere la gente che passa davanti alla sua urna e sostare in un colloquio raccolto con lei, dà il senso di una grande dignità del corpo umano, quando l’amore, forte della Presenza di Dio, l’ha attraversato tutto.

Va detto, ed è sconcertante, che Chiara ha vissuto un corpo a corpo con Cristo. Questo incontro d’amore le ha lasciato i segni nel cuore, una vera e propria impressione della fotografia del suo amato nel centro più intimo della sua persona. Una luce che lei custodisce nella sua profondità e che diviene irradiazione di una seducente bellezza.

Il cibo ‘fa’ l’identità personale ed ecclesiale. L’eucaristia fa la chiesa, l’eucaristia fa i santi.

Un giorno Chiara e una santa monaca di nome Marina, sua compagna sin dall’infanzia e fino alla morte di lei, dialogavano intorno alla grazia e alle prerogative del sacramento dell’altare. Chiara le disse: “Credi tu che nell’ostia consacrata ci sia il corpo di Cristo? Essa rispose: “Lo credo”. E Chiara: “Anch’io lo credo. Ci fu un tempo che lo credevo soltanto per fede, ora lo credo per certezza e per fede”. Marina domandò: “In che modo Chiara?” Essa rispose: “In una visione il Signore mi ha rivelato come la sostanza del pane e del vino subitamente, in un batter d’occhio, alle debite parole del sacerdote si trasformano nel corpo e nel sangue di Cristo e come tutte le ostie del mondo in un batter d’occhio sono fatte diventare corpo di Cristo da diversi sacerdoti, senza che uno dia alcun impedimento all’altro[39].

In virtù dell’Eucaristia Chiara entra in comunione con il sangue di Cristo e con tutta la sua vita. Scrive pagine di fuoco contro l’idolatria del tempo e combatte la sua battaglia spirituale contro il demonio sempre in agguato per corrompere le menti e i cuori della gente. Il riversarsi della vita di Gesù in quella di Chiara le dà una profonda conoscenza dei cuori di chi l’avvicina e diviene maestra di vita spirituale per una moltitudine di persone. Il troppo amore riversato nel cuore di Chiara è la nota dominante di tutta la sua vita dilata: O fratellanza della vita eterna! Come vorrei invitare tutto il mondo a queste nozze [40].

Vita di discernimento

La vita eucaristica le dona l’occhio puro per conoscere e rivelare le perversioni dei cuori. L’esperienza di discernimento degli spiriti che Chiara attua nel dialogo con Fr. Bentivenga ci mostra una donna in lotta armata per la difesa della fede cattolica.

Fra le altre rivelazioni che Chiara ebbe frequentemente, una notte vide una nube della massima oscurità che fluttuava sopra il mare. In mezzo alla nube giaceva uno come crocifisso e intorno a lui una gran folla di uomini e donne religiose e laiche. Chiara riconobbe la maggior parte di coloro che stavano accanto al crocifisso e sotto la nube. Essi, adorando quel crocifisso con tutte le energie, e credendo erroneamente che fosse Dio, ricevevano da esso un grande ma disordinato ardore [41].

Poco a poco l’occhio di Chiara individua in Fr. Bentivenga e nei suoi seguaci il veleno dell’errore dello spirito di libertà che porta ad una grande confusione favorendo in lui e in molti altri una doppia vita. Grande fervore a braccetto con lo spirito del mondo che vedeva naturale l’unione del grande slancio spirituale con l’esperienza degli amplessi della carne. Il crocifisso di Bentivenga è un inganno della carne e Chiara, invitata ad adorarlo, lo rifiuta! I tre errori che il frate le espone come miele dalla roccia per vivere una vita mediocre secondo la carne, sono ben sintetizzabili:

L’uomo può fare ciò che vuole; l’inferno non esiste; l’anima in questa vita può perdere il desiderio [42].

Nella preghiera Chiara si prepara a controbattere l’errore per riportare la luce nel cuore del frate e salvare tante persone dall’errore dei falsi spirituali. Oggi forse, con la cultura del dialogo ad oltranza, vediamo un poco di cattivo auspicio un tale intervento. Nei santi ogni rimprovero è sempre per un recupero della vista!

L’uomo può fare ciò che vuole se la sua volontà è ordinata a Dio… Allora tale persona può fare ciò che vuole, perché vuole soltanto ciò che vuole Dio...!

L’inferno non esiste in quanto supplizio dei buoni!

L’anima non perde mai in questa vita il desiderio, mai l’anima fedele può stare immobile in questa vita e non crescere nella grazia ricevuta o infusa da Dio, così che non desideri cose maggiori e più alte e non le brami e le cerchi e le trovi. E’ di necessità che l’anima o migliori di virtù in virtù, o se ciò non fa, decresca, perché l’amore di Dio non può essere ozioso. Se poi all’anima fosse data la libertà di peccare, questa non sarebbe libertà ma sottomissione e schiavitù del demonio. L’uomo peccando diventa schiavo del demonio e devia dalla volontà di Dio: l’anima agendo contro la volontà di Dio pecca e peccando diventa sottoposta e serva del demonio [43].

Leggiamo che Chiara corregge con dolcezza e mitezza il frate, atteggiamento comune delle anime forti, ma Cristo in una visione notturna la rimprovera perché il suo intervento troppo accondiscendente porta un’infinità di persone alla deriva. Chiara rincara la dose trattando il famoso teologo con la dovuta autorevolezza e lo consegna all’inquisizione che lo imprigiona.

Zelante nella Chiesa cattolica si adopera con tanta fermezza nel combattere gli eretici e li denunzia all’Ordine francescano e ad altri della provincia del ducato e ad alcuni cardinali della santa Chiesa romana, che in quel tempo stavano da quelle parti [44].

Chiara ammonisce anche l’esegeta gonfio della sua scienza corrotta.

Io non ho imparato la Scrittura…, ma la verità che affermo me l’ha rivelata il Signore… . Tu invece, misero, esponi le Scritture con l’intelletto malizioso e falso e non comprendi e vaneggi quando intendi così [45].

Vita di umiltà

Chiara fu persona umile. Imparò questa virtù nell’attraversamento del deserto e la amò sino ad indicarla come fondamento del cammino spirituale alla sua comunità monastica.

L’umiltà è l’equilibrio del cuore umano che trova la sua danza davanti a Dio e dipende dal creatore in armonia. Essa infatti si fonda sul riconoscimento di se stessi come creature radicalmente dipendenti da un atto d’amore infinito. Questa relazione è la chiave della conoscenza di sé che invera il rapporto con Dio, con i fratelli e con se stessi. La discesa di Dio nell’Incarnazione è la medicina per l’uomo che continuamente cerca di ascendere per farsi il dio delle sue decisioni.

Voi però siate umili, obbedienti, pazienti  e unite nell'amore e operate in modo che Dio

in voi sia lodato e non vada perduta l'opera che il Signore Dio ha compiuto in voi. [46].

Dopo la morte di Chiara la storia della Comunità rimane grembo accogliente che custodisce e diffonde la conoscenza e il culto di questa grande e luminosa monaca agostiniana.

A Montefalco, detta “Ringhiera dell’Umbria” per la sua impareggiabile posizione, salgono i pellegrini al seicentesco santuario a lei dedicato, dove si conserva incorrotto il suo corpo e il suo cuore con i segni della Passione d’amore in esso rinvenuti. Nel santuario si possono visitare i luoghi dove Chiara visse la sua vita d’intensa comunione d’amore con Dio e con gli uomini del suo tempo. Ne sono testimoni l’antica cappella di S.Croce, dove morì Chiara, prezioso gioiello d’arte affrescato nel 1333, il giardino dove il bastone piantato da Chiara è divenuto albero fecondo, il piccolo chiostro e soprattutto l’aria paradisiaca che i luoghi imbevuti di Presenza, sprigionano. Una nostalgia di pienezza prende il pellegrino che vi passa immergendolo nello silenzioso stupore.

È la grazia che ancora oggi, giocando con tante persone, ancora accade e invita: venite e vedete! E quel giorno rimasero con Lui [47].

[1] Berengario di Donadio, Vita di Chiara da Montefalco, p. 86

[2] cfr. Gv 12,3

[3] 1Gv 4,16

[4] Berengario di Donadio, Vita di Chiara da Montefalco,, p. 22-23

[5] Idem p. 23

[6] Idem, p.24

[7] Idem, p. 152

[8] Gal 2,20

[9] Ct 2,5

[10] Esposiz. sul Sal. 44,16

[11] Berengario di Donadio, Vita di Chiara da Montefalco,, p. 48-49

[12] Idem, p. 152

[13] Idem, p. 25

[14] Idem, p. 24

[15] Idem, p. 24

[16] Idem, p. 25

[17] Idem, p. 25

[18] Idem, p. 27

[19] Idem, p. 26

[20] Enrico Menestò, Il Processo di canonizzazione di Chiara da Montefalco, p. 153

[21] Berengario di Donadio, Vita di Chiara da Montefalco, p. 48

[22] Gn 2

[23] Idem, p. 42

[24] Idem, p. 42

[25] Idem, p. 44

[26] DV 8

[27] Idem, p. 77

[28] Enrico Menestò, Il Processo di canonizzazione di Chiara da Montefalco, p. 150

[29] Enrico Menestò, Idem, p. 108

[30] Enrico Menestò, Idem, p. 121

[31] Berengario di Donadio, Vita di Chiara da Montefalco, p. 98ss

[32] Idem, p. 43

[33] Idem, p. 38-39

[34] Idem, p. 144-145

[35] Idem, p. 150

[36] Catechismo, n. 2014

[37] Idem, p. 58-59

[38] Idem, p. 43

[39] Idem, p. 85

[40] Idem, p. 154

[41] Idem, p. 77

[42] Idem, p. 78

[43] Idem, p. 78-79

[44] Idem, p. 84

[45] Idem, p. 82

[46] Idem, p. 149

[47] Gv 1, 38-42