S. Agostino ricevuta la grazia, insieme con altri concittadini e amici che ugualmente servivano a Dio, volle tornare in Africa, alla sua casa e ai suoi campi. Tornato, vi rimase circa tre anni; e dopo aver ceduto quei beni, insieme con quelli che gli erano vicini viveva per Dio, con digiuni, preghiere, buone opere, meditando notte e giorno la legge del Signore. E tutto ciò che Dio faceva comprendere a lui che meditava e pregava, egli faceva conoscere a presenti e assenti con discorsi e libri.
Possidio, Vita di S.Agostino
Agostino nacque il 13 novembre 354 a Tagaste (Souk-Ahras) nella Numidia. Non sappiamo se i suoi genitori fossero di pura origine romana. Il padre, Patrizio, impiegato municipale, entrò nella Chiesa come catecumeno solo nei suoi ultimi anni e fu battezzato poco prima della morte (371). La madre, Monica, era invece cristiana zelante. Agostino ricevette a Tagaste la prima istruzione, e poiché, per volontà del padre, era destinato a diventare rètore, proseguì i suoi studi nella vicina Madaura. Di qui passò nel 371 a Cartagine per seguirvi i corsi di retorica e diritto. Là da una relazione con una donna, alla quale fu sempre fedele, - durata fino al 384 - ebbe nel 372 un figlio, Adeodato.
Disprezzava, in quel tempo, la religione di sua madre, quasi fosse, lo dice egli stesso, un insieme di "leggende da vecchierelle". Nel 373, lesse, secondo il programma degli studi, il dialogo "Hortensius" di Cicerone, cominciò a sentire l'anelito verso una concezione del mondo fondata su basi filosofiche.
Poco dopo si iscrisse come esterno (auditor) al Manicheismo, che a lui, superbo della sua scienza, appariva, in opposizione al Cristianesimo insegnato dalla Chiesa, come la religione dei lumi, libera da ogni autorità, vera forma di Cristianesimo. Nel 374/75, terminati gli studi, Agostino si stabilì a Tagaste come insegnante delle arti liberali, ma trasferì poco dopo la sua scuola a Cartagine (375/83). Sul finire di questo periodo della sua vita, i dubbi sulla verità del sistema manicheo andarono aumentando sempre più: quella cosmologia gli sembrò inconciliabile con la dottrina insegnata dalla filosofia greca, e si avvide che il dualismo insegnato dai Manichei era in contraddizione con il loro concetto della divinità. Finì di disilluderlo un'intervista che ebbe col famoso vescovo manicheo Fausto di Milevi, nel quale egli non trovò che un parolaio poco dotto. Tuttavia anche a Roma, dove si era portato nel 383 contro la volontà della madre, avvicinò gli amici manichei.
Agli inzi del 384, per i buoni uffici del prefetto pagano di Roma Simmaco, ottenne un posto di insegnante di retorica a Milano messo a concorso dallo Stato. Malgrado questa situazione sicura e onorata, e benché la madre ed altri prossimi parenti abitassero allora con lui, Agostino si sentiva nel suo interno più tormentato ed infelice che mai. Ma ascoltando i sermoni di S. Ambrogio, vescovo di Milano, che per lo più spiegava allegoricamente il testo biblico corrente, trovò una luce nuova.
Nel decisivo 386, Agostino, che lottava per una nuova concezione del mondo, avrebbe conosciuto per la prima volta le dottrine neoplatoniche. La lettura dei trattati di Plotino già tradotti in latino, attraverso i quali incominciò a concepire Dio come sostanza puramente spirituale e il male come un nulla, gli recò un grande progresso intellettuale. Il sacerdote Simpliciano, di orientamento neoplatonico, che poi succederà ad Ambrogio nella sede vescovile di Milano, gli dimostrò come la speculazione sul Logos del prologo giovanneo completasse la dottrina di Plotino intorno al Nous. Così, attraverso la filosofia, gli si schiuse una via verso la fede nell'eterno Logos-Dio. Lo stesso Simpliciano attirò l'attenzione di Agostino sull'importanza della lettura delle lettere di Paolo. In esse capì che l'uomo, soltanto attraverso la grazia divina, riesce a raggiungere il fine cui tende: l'unione con Dio mediante la fede, che egli, come neoplatonico, aveva sperato di raggiungere con l'aiuto della meditazione filosofica.
In un'ora in cui la lotta tumultuava più violenta che mai nel suo spirito, gli fu additato da Simpliciano, con quale fermezza e risolutezza il celebre rètore Mario Vittorino avesse superato, alla fine, tutti gli impedimenti che si erano frapposti alla sua entrata nella Chiesa, e un'altra volta un amico gli narrò la vita di austero ascetismo dell'anacoreta Antonio e di altri monaci e romiti. Quella fu per lui l'ora della decisione.
Pervaso da un’emozione profonda, si precipitò nel giardino e sentì ripetutamente una voce infantile che gli diceva: "Tolle, Lege". Aprì il libro delle epistole di S. Paolo e vi trovò il brano di Romani 13, 13 ss.:
Non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e invidie, m rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non assecondate la carne nelle sue concupiscenze.
D'improvviso "svanì ogni nebbia di dubbio" (Conf. 8, 12). Poche settimane più tardi, nell’autunno del 386, rinunziò all’insegnamento e si ritirò in campagna, a Cassiciacum, nel podere di un amico, in attesa di iscriversi, all'inizio della prossima quaresima, tra i catecumeni che si preparavano al battesimo. Chiari indizi ci dicono che Agostino già qualche tempo prima della suddetta "scena del giardino" era fermamente deciso a farsi cristiano e sottomettersi all'autorità della Chiesa, come quella che rappresentava la verità cui egli da molto tempo aspirava. Dalla commovente descrizione della sua conversione (Conf. 8, 6-12) noi apprendiamo anzitutto che il rètore, già intimamente credente, era pervenuto, rinunciando a ricchezza ed onori, a scegliere la via, che allora giudicava la più perfetta, della castità e della rinuncia al matrimonio. Con lo spirito libero dai ceppi della sensualità e della passione, volle poi dedicarsi tutto e per sempre alla ricerca della verità e così conseguire la felicità. Agostino ricevette il battesimo il Sabato santo, 23 aprile, del 387, assieme al figlio e all'amico Alipio, per mano di S. Ambrogio.
Alcuni mesi dopo intraprese il viaggio di ritorno in Africa, passando per Roma. Ad Ostia, poco prima di imbarcarsi, Monica si ammalò e dopo nove giorni morì. Allora Agostino tornò a Roma e qui si trattenne circa un anno, occupato in lavori letterari. Nell’autunno del 388 rientrò a Tagaste ove visse nella casa paterna per tre anni con alcuni amici, in claustrale ritiro. La fama della sua dottrina e della sua pietà era già così grande, che nel 391, durante un suo soggiorno ad Ippona, mentre assisteva, senza alcun sospetto, all’ufficio divino, il vescovo Valerio, su richiesta dei presenti, nonostante la sua resistenza, lo ordinò prete. Così ha inizio un nuovo periodo della sua evoluzione spirituale. L'interesse che portava agli studi filosofici e alla cultura delle arti liberali cedette il posto a un orientamento puramente teologico e all'attività apostolica inerente alla sua dignità nuova.
Anche ad Ippona, come già a Tagaste, fondò un monastero ove viveva in comune con i vecchi amici e le nuove reclute. Nel 395 il vescovo Valerio lo fece consacrare suo ausiliare, cosicché alla sua morte (396) Agostino ne occupò il posto. Continuò col suo clero a condurre vita cenobitica. Si occupò con zelo particolare della predicazione e fu instancabile nella cura dei poveri. L'attività di scrittore impegnò sempre una gran parte delle sue forze, e furono soprattutto le questioni e controversie religiose del suo tempo ad assorbirlo.
S.Agostino morì a Ippona il 28 agosto del 430, mentre i Vandali tenevano assediata la città. Dopo la caduta di questa, i suoi resti furono trasportati in Sardegna e, nel 722, da Liutprando a Pavia.
Possidio, suo amico e primo biografo, così scrive: “Lasciò alla chiesa clero abbondante e monasteri di uomini e donne praticanti la continenza con i loro superiori; inoltre, biblioteche contenenti libri e prediche sia suoi sia di altri santi, dai quali si può conoscere quanta sia stata, per dono di Dio, la sua grandezza nella chiesa e nei quali i fedeli lo trovano sempre vivo. In tal senso un poeta pagano, disponendo che i suoi gli facessero la tomba in luogo pubblico ed elevato, dettò questa epigrafe: Vuoi sapere, o viandante, che il poeta vive dopo la morte? Ecco, io dico ciò che tu leggi: la tua voce è la mia”.