O Segnore, qui sci salli e quali sono le scale per le quali sci sali?
Non se po salire, Segnore, se non chi è enflammato d’amore.
S.Chiara da Montefalco

 

                   


Il pellegrinaggio
è un cammino di preghiera
come il Santuario è un luogo di preghiera. In ogni sua tappa la preghiera anima il pellegrinaggio e la Parola di Dio ne è luce e guida, nutrimento e sostegno.

Il pellegrinaggio, esperienza religiosa universale, è un’espressione tipica della pietà popolare, strettamente connessa con il Santuario, della cui vita costituisce una componente indispensabile: il pellegrino ha bisogno del Santuario e il Santuario del pellegrino.
Quando il pellegrinaggio è compiuto in modo genuino, il fedele ritorna dal Santuario con il proposito di “cambiare vita”, di orientarla più decisamente verso Dio, di dare ad essa una più marcata prospettiva trascendente.
Il pellegrino che si reca al Santuario è in comunione di fede e di carità non solo con i compagni con i quali compie il “santo viaggio”, ma con il Signore stesso, che cammina con lui come camminò al fianco dei discepoli di Emmaus (cf. Lc 24, 13-35).

     Il Pellegrino è in comunione

  • con la sua comunità di provenienza e, attraverso di essa, con tutta la Chiesa;
  • con i fedeli che, lungo i secoli, hanno pregato nel Santuario;
  • con lo spazio, che circonda il Santuario, di cui ammira la bellezza e che si sente portato a rispettare;
  • con l’umanità, la cui sofferenza e speranza si manifestano variamente nel Santuario, nell'ingegno e nell'arte che hanno lasciato in molteplici segni.

 

1. Il Santuario: realtà umana e divina

Il Santuario è costituito, innanzitutto, da una realtà vissuta dal popolo di Dio, in cui concorrono la dimensione soprannaturale e la dimensione umana. Se è vero che ogni Santuario è eretto mediante un regolare decreto è vero che l’iniziativa originaria non appartiene all’uomo, bensì a Dio stesso. Infatti si può dire che Dio stesso sceglie dei luoghi in cui lascia una impronta specialissima della sua presenza, luoghi che richiamano in modo del tutto peculiare il bisogno che l’uomo ha del divino e il bisogno che Dio ha di fare irrompere fra gli uomini i torrenti impetuosi della grazia e del suo amore misericordioso.

Dal punto di vista teologico il Santuario, che non di rado è sorto da un moto di pietà popolare, è un segno della presenza attiva, salvifica del Signore nella storia e un luogo di sosta dove il popolo di Dio, pellegrinante per le vie del mondo verso la Città futura (cf. Eb 13, 14), riprende vigore per proseguire il cammino.
Il Santuario ha una grande valenza simbolica: è icona della “dimora di Dio con gli uomini” (Ap 21, 3) e rinvia al “mistero del Tempio” che si è compiuto nel corpo di Cristo (cf. Gv 1, 14; 2, 21), nella comunità ecclesiale (cf. 1 Pt 2, 5) e nei singoli fedeli (cf. 1 Cor 3, 16-17; 6, 19; 2 Cor 6, 16).
Per tutto questo, l’esperienza del Santuario non deve essere una fuga dalla realtà, e tanto meno un rifugio nostalgico nel passato, favorito da una ritualità preconciliare.
La visita ad un Santuario, senza nulla togliere alla ricchezza delle devozioni popolari, deve condurre a sentirsi nella e con la Chiesa per verificare la propria identità battesimale soprattutto attraverso una corretta gestione delle celebrazioni liturgiche che dovrebbero sempre costituire il momento culminate del pellegrinaggio al Santuario.
“Sempre e dappertutto, i Santuari cristiani sono stati o hanno voluto essere segni di Dio, della sua irruzione nella storia. Ognuno di essi è un memoriale del mistero dell’Incarnazione e della Redenzione”.

 

2. Il Santuario: luogo di evangelizzazione

Il Santuario è il luogo in cui costantemente viene proclamato un messaggio di vita: il “Vangelo di Dio” (Mc 1, 14; Rm 1, 1) o “Vangelo di Gesù Cristo” (Mc 1, 1), cioè la Buona Notizia che proviene da Dio ed ha come oggetto Cristo Gesù: egli è il Salvatore di tutte le genti, nella cui morte e risurrezione il cielo e la terra si sono riconciliati per sempre.
Al fedele che si reca al Santuario devono essere proposti i punti fondamentali del messaggio evangelico:

  • il discorso della montagna (le Beatitudini);
  • l’annuncio gioioso della bontà e paternità di Dio nonché della sua amorosa provvidenza;
  • il comandamento dell’amore;
  • il significato salvifico della Croce;
  • il destino trascendente della vita umana.

 

3. Il Santuario: luogo della Liturgia

La permanenza nel Santuario dovrà costituire il momento più intenso del pellegrinaggio e sarà caratterizzata dall’impegno di conversione; da peculiari espressioni di preghiera quali il ringraziamento, la supplica o la richiesta di intercessione; e quando è possibile dalla celebrazione dell’Eucaristia, culmine del pellegrinaggio stesso.

3.1   Liturgia e pietà popolare

Il Santuario, proprio perché questo luogo esercita una diakonìa della soglia, è chiamato a gestire la pietà popolare in modo da far emergere il primato di quella liturgia che sola è in grado di sviluppare uno spirito autenticamente cristiano.
La pietà popolare rievoca; la liturgia rende presente ed efficace il mistero della salvezza.
La pietà popolare è iniziativa del credente; la liturgia è iniziativa di Dio, salvezza donata, preghiera di Cristo.
Le espressioni della pietà popolare non esigono di per sé un’assemblea; la liturgia è invece per sua natura comunitaria e gerarchica: è la preghiera della Chiesa.
Le devozioni sono legate sovente ad un luogo, ad un tempo, ad una cultura; le celebrazioni liturgiche, pur con gli adattamenti, sono le stesse in tutto il mondo.
Le pratiche della pietà popolare sono facoltative anche se raccomandate; i riti liturgici sono l’espressione “necessaria” della Chiesa per esprimere e alimentare la sua identità e missione.
Le devozioni tendono alla quantità, la liturgia alla qualità.

3.2    La celebrazione dell’Eucaristia

“La celebrazione dell’Eucaristia è il culmine e quasi il fulcro di tutta l’azione pastorale dei Santuari” ad essa pertanto occorre prestare la massima attenzione, perché risulti esemplare nello svolgimento rituale e conduca i fedeli a un incontro profondo con Cristo.
La celebrazione della Messa è la massima espressione del culto cristiano e la più completa manifestazione della Chiesa. Nella celebrazione eucaristica “la Chiesa si realizza nel suo atto più completo e perfetto qui in terra... e quindi tale assemblea è il modello, l’archetipo che possiamo avere presente della realtà più profonda della Chiesa” (G.Dossetti, Per una Chiesa eucaristica, p. 70).
Alla celebrazione della Messa sia data la cura attenta nei canti e nella preparazione della mensa e degli altari, sobri e dignitosi.

3.3    La celebrazione della Liturgia delle Ore

La sosta nel Santuario, tempo e luogo favorevoli per la preghiera personale e comunitaria, costituisce un’occasione privilegiata per aiutare i fedeli ad apprezzare la bellezza della Liturgia delle Ore e ad associarsi alla lode quotidiana che, nel corso del suo pellegrinaggio terreno, la Chiesa eleva al Padre, per Cristo, nello Spirito Santo.
Per condurre i fedeli ad una spiritualità sobria e robusta e a “sentire cum ecclesia” non è secondario insegnare a pregare con la Liturgia delle Ore, secondo le esigenze dell’Assemblea.
Si inseriscano opportunamente celebrazioni degne e festive delle Ore, specialmente delle Lodi e dei Vespri, nei programmi indicati ai pellegrini, suggerendo talora in tutto o in parte, anche un Ufficio votivo connesso col Santuario.

3.4    La celebrazione dei Sacramentali

Fin dall’antichità esiste nella Chiesa l’uso di benedire persone, luoghi, cibi, oggetti.
La prassi delle Benedizioni costituisce una questione pastorale abbastanza marcata nei Santuari, dove i fedeli, accorsi per implorare la grazia e l’aiuto del Signore, l’intercessione della Madre della misericordia o dei Santi, chiedono spesso le benedizioni più varie.
Per un corretto svolgimento della pastorale delle Benedizioni, si dovrà procedere con pazienza all’applicazione progressiva dei principi stabiliti dal Rituale Romanum, i quali perseguono fondamentalmente lo scopo che la benedizione costituisca un’espressione genuina di fede in Dio largitore di ogni bene, dare il giusto rilievo ai due momenti che costituiscono la “struttura tipica” di ogni benedizione:
   - la proclamazione della Parola di Dio, che dà significato al segno sacro.
   - la preghiera con cui la Chiesa loda Dio e implora i suoi benefici, come richiamato anche dal segno di croce;

Per la celebrazione delle benedizioni attraverso un’azione rituale caratterizzata da verità e da dignità, i fedeli comprenderanno il senso genuino della Benedizione e l’impegno ad osservare i comandamenti di Dio, che la “richiesta di una benedizione” comporta.

 

4. Il Santuario: luogo della carità

La funzione esemplare del Santuario si esplica anche nell’esercizio della carità. Ogni Santuario infatti, in quanto celebra la presenza misericordiosa del Signore, l’esemplarità e l’intercessione della Vergine e dei Santi, “è per se stesso un focolare che irradia la luce e il calore della carità”.
Nel sentire comune e nel linguaggio degli umili “la carità è l’amore espresso nel nome di Dio”. Essa trova le sue concrete manifestazioni nell’accoglienza e nella misericordia, nella solidarietà e nella condivisione, nell’aiuto e nel dono.
Per la generosità dei fedeli e dei responsabili del luogo Sacro, i Santuari sono luogo di mediazione tra l’amore di Dio e la carità fraterna da una parte e i bisogni dell’uomo dall’altra. In essi fiorisce la carità di Cristo e sembrano prolungarsi la sollecitudine materna della Vergine e la solidale vicinanza dei Santi, che si esprimono:

  • nell’accoglienza e ospitalità verso i pellegrini cui sono offerti, nella misura del possibile, spazi e strutture per un momento di ristoro;
  • nella sollecitudine e premura verso i pellegrini anziani, infermi, disabili, poveri, ai quali si riservano le attenzioni più delicate, i posti migliori nei Santuari;
  • nella disponibilità e nel servizio offerto a tutti coloro che accedono al Santuario: fedeli colti e incolti, poveri e ricchi, connazionali e stranieri.

 

5. Il Santuario: luogo di cultura

Spesso il Santuario è già, in se stesso, un “bene culturale”: in esso infatti si riscontrano, quasi raccolte in sintesi, numerose manifestazioni della cultura delle popolazioni circostanti: testimonianze storiche e artistiche, caratteristici moduli linguistici e letterari, tipiche espressioni musicali.
Sotto questo profilo il Santuario costituisce un valido punto di riferimento per definire l’identità culturale di un paese. Quando nel Santuario si attua una armoniosa sintesi tra natura e grazia, pietà ed arte, esso può proporsi come espressione della via “pulchritudinis” per la contemplazione della bellezza di Dio e della meravigliosa vicenda dei Santi.
Il Santuario può divenire uno specifico “centro di cultura”, un luogo in cui si organizzano corsi di studio e conferenze, dove si assumono interessanti iniziative editoriali e si promuovono sacre rappresentazioni, concerti, mostre e altre manifestazioni artistiche e letterarie.
L’attività culturale del Santuario si configura come una iniziativa collaterale per la promozione umana; essa si affianca utilmente alla sua funzione primaria di luogo per il Culto Divino, per l’opera di evangelizzazione, per l’esercizio della carità, con una attenzione particolare affinché la dimensione culturale non abbia il sopravvento su quella cultuale.

 

6. Il Santuario: luogo di impegno Ecumenico

Il Santuario, in quanto luogo di annuncio della Parola, di invito alla conversione, di intercessione, di intensa vita liturgica, di esercizio della carità, è un “bene spirituale” condivisibile con i fratelli e le sorelle che non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica.
In questa luce il Santuario deve essere un luogo di impegno ecumenico, sensibile alla grave e urgente istanza dell’unità di tutti i credenti in Cristo, unico Signore e Salvatore.
Pertanto si prenda coscienza di quell’ecumenismo spirituale, di cui parlano il Decreto Conciliare “Unitatis redintegratio” e il Direttorio ecumenico, per il quale i cristiani devono avere sempre presente lo scopo dell’unità nelle preghiere, nella celebrazione eucaristica e nella vita quotidiana.
Perciò nei Santuari dovrebbe essere intensificata la preghiera a tal fine in alcuni periodi particolari come la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani e nei giorni tra l’Ascensione del Signore e la Pentecoste, nei quali si ricorda la comunità di Gerusalemme riunita in preghiera e in attesa per la venuta dello Spirito Santo, che la confermerà nell’unità e nella sua missione universale.
Tutti gli atti di culto che si svolgono nei Santuari debbono essere chiaramente coerenti con l’identità cattolica, senza mai nascondere ciò che appartiene alla fede della Chiesa.

 

7. Accoglienza: Liturgia della soglia

L’accoglienza dei pellegrini potrà dar luogo a una sorta di “liturgia della soglia”, che ponga l’incontro tra i pellegrini e i responsabili del Santuario, su un piano squisitamente di fede è umano; andando incontro ai pellegrini, per compiere con loro l’ultimo tratto del cammino nei luoghi di devozione del Santuario.

 

8. Partenza: ringraziamento e impegno

La conclusione del pellegrinaggio sarà caratterizzata convenientemente da un momento di preghiera, nello stesso Santuario; i fedeli saranno invitati a ringraziare Dio del dono del pellegrinaggio e chiederanno al Signore l’aiuto necessario per vivere con più generoso impegno, una volta tornati nelle loro case, la vocazione cristiana.

 

9. Ricordi: memoria del cammino

Dall’antichità, il pellegrino desidera portare con sé dei “ricordi” del Santuario visitato. Si avrà cura che oggetti, immagini, libri, trasmettano l’autentico spirito del Luogo Santo. Si deve inoltre far sì che i punti vendita non si trovino all’interno dell’area sacra del Santuario né abbiano l’apparenza di mercato.

 

10. Conclusione

“Comunicare il vangelo è il compito fondamentale della Chiesa. Questo si attua in primo luogo facendo il possibile perché attraverso la preghiera liturgica la Parola del Signore contenuta nelle Scritture si faccia evento, risuoni nella storia, susciti la trasformazione del cuore dei credenti”.
Il nostro compito non è quello di fare dei “devoti”, cioè delle persone semplicemente “religiose”, ma dei cristiani, cioè dei seguaci di Cristo che, come lui, si sentano impegnati a costruire il Regno di Dio fra gli uomini, Regno di giustizia, di verità, di amore e di pace.
Da ogni incontro di preghiera cristiana si dovrebbe uscire anche gratificati, ma soprattutto impegnati per la trasformazione del proprio cuore e della società. Ciò diventa ancora più impellente dopo la visita e la preghiera in un Santuario, cioè in un luogo dove la presenza di Dio si fa più sensibile attraverso segni particolari e straordinari.
Alla luce del messaggio biblico, dove la giustizia e il rapporto con il prossimo, costituiscono la misura della fede, il pellegrinaggio “cristiano” ad un Santuario dovrebbe servire a ricordare che alla fine non saremo giudicati dal numero delle devozioni, ma per l’impegno che avremo assunto per dare un volto, una voce e delle mani alla carità di Cristo (cf Mt 25, 31-46).

Documenti e Bibliografia

Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, Direttorio su pietà popolare e liturgia, Principi e orientamenti, Cittá del Vaticano 2002, Capitolo VIII, Santuari e Pellegrinaggi.

I Santuari, configurazione giuridica e dimensione pastorale, Prefetto della Congregazione del Clero, Giovedì 19 novembre 1998, Santuario di Pompei.

Le liturgie nei Santuari, culmine delle devozioni, raccordo dell’anima popolare e della sua storia con Dio, Don Silvano Sirboni (Liturgista-Alessandria).